
Tel Aviv, 5 maggio 2025 – Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato l’intenzione di avviare un’ occupazione militare permanente della Striscia di Gaza, segnando un’escalation senza precedenti nel conflitto israelo-palestinese. La dichiarazione, rilasciata a margine di un incontro con lo stato maggiore dell’IDF, ha immediatamente provocato un’ondata di critiche da parte della comunità internazionale e delle principali organizzazioni umanitarie.
“Occuperemo Gaza, entreremo, resteremo”, ha dichiarato Netanyahu, specificando che l’operazione ha come obiettivo la “neutralizzazione definitiva di Hamas” e la creazione di un “sistema di sicurezza interno per la distribuzione degli aiuti”.
L’annuncio è stato accolto con preoccupazione e dure critiche dalle capitali europee, ONU, Unione Africana, Cina, Turchia e persino dagli alleati storici di Israele, come gli Stati Uniti e il Regno Unito. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha parlato di “una scelta pericolosa, contraria al diritto internazionale e devastante per i civili”.
Il premier britannico ha dichiarato che “qualsiasi piano che comporti l’occupazione e il trasferimento forzato della popolazione civile è inaccettabile e mina ogni sforzo diplomatico per il cessate il fuoco”. Anche la Casa Bianca, pur mantenendo toni più cauti, ha fatto trapelare “grande disagio” per la prospettiva di un’occupazione indefinita.
Secondo le agenzie internazionali, la situazione umanitaria a Gaza è catastrofica: oltre 35.000 morti, più della metà dei quali civili, oltre un milione di sfollati interni e infrastrutture essenziali completamente distrutte. Ospedali senza corrente, scuole bombardate, convogli di aiuti bloccati o bombardati nelle aree di distribuzione.
Le nuove dichiarazioni di Netanyahu aggravano ulteriormente lo scenario. L’ipotesi di una gestione diretta del territorio da parte dell’esercito israeliano, con la supervisione di contractor privati stranieri nella distribuzione degli aiuti, viene vista come un passaggio verso una forma di controllo militare permanente, in aperta violazione della Quarta Convenzione di Ginevra.
Le organizzazioni umanitarie sul campo, da Medici Senza Frontiere al CICR, denunciano la crescente impossibilità di operare in sicurezza e l’uso della popolazione come leva politica e militare. Secondo l’UNRWA, l’ Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino oriente, “Gaza rischia l’annientamento civile”.
La scelta del premier Netanyahu rischia di isolare ulteriormente Israele sulla scena internazionale. Se da un lato l’opinione pubblica interna appare divisa, dall’altro le proteste aumentano anche all’interno del paese: migliaia di cittadini israeliani sono scesi in piazza a Tel Aviv e Gerusalemme per contestare un’escalation che appare sempre più priva di un obiettivo politico realistico.
Molti analisti leggono la mossa del premier come un tentativo disperato di mantenere il controllo della narrativa politica, in un momento in cui la sua popolarità interna vacilla e le pressioni da parte della coalizione di governo si fanno sempre più forti.
Con l’ufficializzazione del piano di occupazione, Netanyahu scommette tutto sulla via militare, ignorando le pressioni diplomatiche e mettendo a rischio i già fragili equilibri regionali. La prospettiva di una nuova intifada, o addirittura di un allargamento del conflitto, non è più solo un’ipotesi.
In un’area segnata da decenni di guerra e sofferenza, l’annuncio di un’occupazione a tempo indefinito non rappresenta una soluzione, ma l’ennesimo passo verso un punto di non ritorno.
Alessandro Del Fiesco
Presidente AsNALI Nazionale
