
Dal contrasto agli illeciti ambientali al ritorno della digitalizzazione nella gestione dei rifiuti: il Decreto-legge 8 agosto 2025, n. 116, segna un punto di svolta. Non è più sufficiente smaltire correttamente, ma diventa essenziale che le imprese dimostrino di avere modelli organizzativi interni a prova di violazione. Con l’entrata in piena operatività del RENTRI – il Registro Elettronico Nazionale per la Tracciabilità dei Rifiuti – il legislatore ha tracciato un solco netto: responsabilità, trasparenza, e rigore normativo.
Le novità normative principali
- Sanzioni e fattispecie penali più stringenti
Il decreto amplia significativamente il ventaglio delle violazioni considerate penali. L’abbandono di rifiuti, in passato spesso sanzionato in modo relativamente blando, può ora comportare arresto fino a due anni o ammende fino a 27.000 euro. Nei casi in cui la condotta comporti un pericolo concreto per persone o ambiente, la pena può arrivare fino a cinque anni. - Nei casi più gravi, soprattutto con rifiuti pericolosi, le pene superano i sei anni. Discariche abusive, gestione non autorizzata, combustione illecita, spedizioni illegali: tutti settori su cui grava una pressione normativa molto più forte.
- Il RENTRI: non solo carta, ma controllo in tempo reale
Il nuovo registro telematico centralizzato sostituisce via via formulari e registri cartacei. RENTRI non è un semplice archivio digitale: è lo strumento con cui le autorità monitorano in tempo reale i flussi dei rifiuti.
Le irregolarità non sono più “irregolarità formali” se minori: se influenzano la tracciabilità, diventano violazioni sostanziali, con conseguenze amministrative o anche penali. - La responsabilità aziendale (D.lgs. 231/2001) rafforzata
Il decreto sancisce che gli enti (società, imprese, ecc.) possono essere chiamati a rispondere qualora reati ambientali siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da vertici, dirigenti o persone sottoposti al loro controllo.
Ma non basta avere un modello organizzativo “di facciata”: il requisito è che esso sia realmente attuato, con protocolli operativi, formazione del personale, controlli interni. La colpa organizzativa non sarà esclusa se mancano verifiche concrete, o se non si dimostra che le misure previste sono state applicate.
Per le imprese l’entrata in vigore della misura comporterà:
- Adeguamento dei processi interni: le imprese devono rivedere come gestiscono internamente la documentazione, la responsabilità di vigilanza, i controlli sui flussi dei rifiuti. Un errore “apparente” nella gestione dei formulari o nel rispetto del RENTRI può avere conseguenze anche pesanti.
- Formazione e controlli interni: il personale dovrà essere formato per capire non solo cosa fare, ma quando e come farlo, per garantire rispetto delle scadenze, accuratezza nei dati, trasparenza nei registri. Audit interni saranno indispensabili per prevenire contestazioni.
- Costi, ma anche opportunità: specialmente per le piccole imprese, la transizione al RENTRI e l’adeguamento operativo comportano nuovi oneri. Ma l’inosservanza può costare molto di più: sanzioni elevate, interdizioni, perdite reputazionali, rischi penali. La compliance diventa un investimento, non solo un obbligo.
Forse la vera novità più importante è un cambio di paradigma: non basta rispettare la normativa “in apparenza”. Il legislatore vuole che le imprese dimostrino che i loro modelli non siano solo scritti, ma vividi, applicati, verificati. In questa ottica, la responsabilità amministrativa (quella ex D.lgs. 231/2001) acquista una profondità ulteriore: la mancata vigilanza, l’omesso controllo, l’errore nei dati diventano punti di debolezza su cui lo Stato potrà agire.
