Una norma presentata come misura di contrasto alle compensazioni indebite rischia, in realtà, di trasformarsi in un duro colpo per la liquidità delle imprese italiane, soprattutto per quelle del comparto edilizio. È questa la lettura che emerge dall’articolo 26 della bozza della Legge di Bilancio 2026, che introduce — a partire dal 1° luglio 2026 — il divieto di utilizzare i crediti d’imposta, diversi da quelli derivanti dalla liquidazione delle imposte, per compensare i contributi INPS e INAIL.

Un cambiamento apparentemente tecnico, ma con conseguenze potenzialmente devastanti. Migliaia di imprese, infatti, utilizzano regolarmente la compensazione per alleggerire il carico contributivo e ottimizzare la gestione dei flussi finanziari. Impedire questa possibilità significa, in molti casi, bloccare capitali legittimamente maturati e certificati, aggravando tensioni di cassa già pesanti in un contesto economico incerto.

La misura modifica l’articolo 4-bis del decreto-legge n. 39 del 2024, ampliando il divieto di compensazione anche ai crediti d’imposta ceduti o trasferiti. Contestualmente, la soglia per la verifica dei debiti fiscali viene abbassata da 100mila a 50mila euro: un segnale di ulteriore irrigidimento dei controlli che, pur con finalità condivisibili, rischia di trasformarsi in un boomerang per le imprese oneste.

La norma finisce per escludere la possibilità di compensare crediti regolarmente maturati e già registrati nei cassetti fiscali delle imprese, introducendo un effetto retroattivo che mette in discussione principi di certezza del diritto e fiducia nelle regole fiscali. Appare inoltre contraddittorio che un credito valido per la compensazione di imposte come IVA o IRES non possa esserlo anche per i contributi previdenziali.

La contraddizione diventa ancor più evidente se si guarda al quadro generale della manovra: mentre l’articolo 96 stanzia 23 miliardi di crediti d’imposta per la ZES unica, l’articolo 26 rischia di rendere una parte di questi stessi crediti inutilizzabili per i versamenti contributivi.

La norma rappresenta una stretta che punisce le imprese oneste più che gli evasori, frutto di una relazione tecnica che mescola la necessaria lotta alle frodi con misure che finiscono per bloccare anche i crediti fiscali legittimi, colpendo chi opera nel rispetto delle regole.

Particolarmente rilevante è l’impatto che tale misura potrebbe avere sulla pianificazione economico-finanziaria delle imprese, molte delle quali hanno costruito la propria gestione sulla legittima possibilità di compensare crediti regolarmente maturati. Non appare giustificabile penalizzare chi utilizza un credito certo e riconosciuto, al solo fine di conseguire un presunto beneficio erariale stimato in 90 milioni di euro a regime.

In un Paese in cui le imprese si trovano già a fronteggiare il blocco delle cessioni dei crediti edilizi, l’aumento dei costi dei materiali e il rallentamento del credito bancario, questa nuova stretta appare come un ulteriore segnale di sfiducia verso il sistema produttivo.

Il principio di contrasto alle frodi è certamente condivisibile, ma l’estensione indiscriminata delle limitazioni alle compensazioni rischia di generare l’effetto opposto a quello desiderato: invece di colpire chi abusa degli strumenti fiscali, finirà per soffocare chi li utilizza correttamente.

È difficile, in questo quadro, non leggere la misura come un segnale di disallineamento tra politica economica e realtà industriale. Perché in un’economia che reclama semplificazione, stabilità e fiducia, intervenire retroattivamente su strumenti legittimi di gestione finanziaria equivale a minare le fondamenta stesse del rapporto tra Stato e impresa.

L’obiettivo del Governo di rafforzare i controlli e tutelare le entrate pubbliche è legittimo. Ma l’efficacia di una riforma fiscale si misura non solo dalla sua severità, bensì dalla sua capacità di distinguere tra chi evade e chi produce.

In questo senso, l’articolo 26 rischia di essere una misura miope: nata per garantire rigore, potrebbe finire per togliere ossigeno proprio a quelle imprese che, con i loro crediti e contributi regolarmente versati, rappresentano il cuore dell’economia reale.

 

                                                                                                                            Alessandro Del Fiesco

                                                                                                                       Presidente AsNALI Nazionale

La nuova stretta sulle compensazioni fiscali: un colpo alla liquidità delle imprese

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