Cosa prevede il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per uscire dalla crisi

Il Consiglio dei Ministri nel corso della riunione del 12 gennaio scorso ha approvato il documento più importante per il rilancio dell’Italia dalla crisi pandemica: si tratta del cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ovvero, come si legge nella nota del Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio, “il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU”.

Il Piano (Recovery Plan) individua le linee guida che serviranno a sostenere progetti di riforma finanziati da Bruxelles col Recovery Fund per la ripresa economica del vecchio continente nel triennio 2021-2023 e può contare su un totale di 222 miliardi, come integrazione del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 per far fronte in via straordinaria alle conseguenze economiche e sociali della pandemia.

L’azione di rilancio del Paese delineata dal PNRR è guidata da obiettivi di policy e interventi connessi ai tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale, cui si aggiungono le necessità di innalzare il potenziale di crescita dell’economia e la creazione dell’occupazione.

Nella bozza del 12 gennaio si evince che il Piano “si articola in 6 Missioni, che a loro volta raggruppano 16 Componenti funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del governo. Le Componenti si articolano in 47 Linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. I singoli Progetti di investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi, a maggiore impatto sull’economia e sul lavoro”.

 

Le 6 “Missioni” vertono sulle seguenti arre tematiche:

 

Green

  • efficienza energetica e riqualificazione edilizia: 29,35 miliardi;
  • transizione energetica e mobilità: 18,22 miliardi;
  • tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica: 15,03 miliardi;
  • economia circolare: 6,3 miliardi

Digitalizzazione

  • Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A.: 11,45 miliardi
  • Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo: 26,73 miliardi
  • cultura e turismo: 8 miliardi

Infrastrutture mobilità

  • alta velocità e manutenzione stradale 4.0: 28,30 miliardi
  • intermodalità e logistica integrata: 3,68 miliardi

Istruzione e ricerca

  • potenziamento didattica e diritto allo studio: 16,72 miliardi
  • ricerca: 11,77 miliardi

Parità di genere e coesione

  • politiche per il Lavoro: 12,62 miliardi
  • infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore: 10,83 miliardi
  • interventi speciali di coesione territoriale: 4,18 miliardi

Salute

  • assistenza di prossimità e telemedicina: 7,9 miliardi
  • innovazione assistenza sanitaria: 11,82 miliardi

 

Come evidenziato dal portale di PMI, gli obbiettivi che l’Italia punta a raggiungere con il PNRR sono:

  •  ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica;
  • raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana, dallo 0,8% dell’ultimo decennio all’1,6%, in linea con la media UE;
  • aumentare gli investimenti pubblici almeno al 3% del PIL;
  • far crescere la spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S) dall’attuale 1.3% al 2,1%, al di sopra della media UE;
  • portare il tasso di occupazione al 73,2%, in linea con la media UE, contro l’attuale 63%;
  • innalzare gli indicatori di benessere, equità e sostenibilità ambientale;
  • ridurre i divari territoriali di reddito, occupazione, dotazione infrastrutturale e livello dei servizi pubblici;
  • aumentare l’aspettativa di vita in buona salute;
  • migliorare il tasso di natalità e la crescita demografica;
  • ridurre l’abbandono scolastico e l’inattività dei giovani;
  • migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati;
  • rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese nei confronti di calamità naturali, cambiamenti climatici, crisi epidemiche e rischi geopolitici;
  • promuovere filiere agroalimentari sostenibili e combattere gli sprechi alimentari;
  • garantire la sostenibilità e la resilienza della finanza pubblica.

 

In particolare, attraverso le riforme attuate nelle diverse macroaree previste dal Recovery Plan, la previsione e l’auspicio è di un incremento del Prodotto Interno Lordo di almeno il 3% entro il 2026 così distribuito: +0,3% nel 2021,+ 0,5% nel 2022, +1,3% nel 2023, +1,7% nel 2024, 2% nel 2025.

 

La vera domanda tuttavia è chi e come gestirà i fondi in arrivo. Sul tema già nel corso del CdM del 12 gennaio ci sono state tensioni tra Conte e Italia Viva, culminate poi  nel ritiro dei ministri da parte di Renzi e la successiva crisi di governo.

La cabina di regia era stata inizialmente così pensata: un Comitato esecutivo, composto da presidente del Consiglio (Conte), ministro dell’Economia (Gualtieri) e ministro dello Sviluppo economico (Patuanelli). Il ministro degli Affari europei (Amendola), d’intesa con quello degli Affari esteri (Di Maio) sarebbero stati “referente unico con la Commissione europea per tutte le attività legate all’attuazione del piano”.

Ogni settore del piano avrebbe avuto un Responsabile di missione, coadiuvato da una squadra di tecnici, da selezionare tra “personale delle Pubbliche amministrazioni, personale di società pubbliche in house o partecipate, collaboratori nonché consulenti o esperti, anche estranei alla Pubblica amministrazione”.

 

Il termine ultimo per la presentazione del PNRR alla Commissione Europea è aprile 2021, ma già da ottobre 2020 l’Unione ha incoraggiato i 27 Paesi a condividere la bozza o i progetti preliminari.

Si spera che entro quella data ci siano le condizioni politiche per presentarsi a Bruxelle con le carte in regola per non lasciarsi sfuggire quella che, ad oggi, sembra essere l’ultima chance per rimettere in piedi un Paese già vessato da una crisi economica che, sommata all’emergenza sanitaria mondiale, è divenuta insostenibile.

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