Tra il 30 aprile e il 3 maggio la Commissione europea ha ricevuto i Piani nazionali di ripresa e resilienza dell’Italia e di altri 13 Stati membri, che ora dovranno superare la valutazione dell’Esecutivo UE prima di approdare sul tavolo del Consiglio. Per tutti l’obiettivo è ottenere l’ok già in occasione dell’Ecofin del 18 giugno.

Dopo l’ultimo passaggio in Consiglio dei Ministri, nella giornata del 29 aprile, il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia è stato inviato alla Commissione il 1° maggio, insieme ai Recovery Plan di Austria, Belgio e Slovenia.

Il documento è composto da 269 pagine, con gli obiettivi, le riforme previste, le sei missioni, il monitoraggio e la valutazione dell’impatto economico.

L’accelerazione dell’ultima settimana, con il voto delle Camere e il doppio passaggio in CdM, è stata diretta a rientrare nel primo gruppo oggetto di valutazione da parte della Commissione europea, in modo da ricevere, se tutto va bene – compresa la ratifica dei piani in tutti i Parlamenti nazionali – la prima tranche, pari a circa 25 miliardi, entro l’estate.

L’ammontare del Recovery and Resilience Facility (in italiano PNRR) è pari a 191,5 miliardi di euro, di cui 68,9 in forma di sovvenzioni e 122,6 in prestiti attraverso i quali il governo italiano dovrà perseguire i tre obiettivi chiave di Next Generation UE: il superamento della crisi generata dal Covid, lo sviluppo di un’economia più dinamica, competitiva, avanzata a livello tecnologico e inclusiva, la transizione verde e digitale.

Nel complesso, come sottolineato da Draghi in Parlamento, il Recovery Plan italiano vale 248 miliardi, cifra che riguarda il complesso dei progetti e non esclusivamente il Next Generation EU, che ha un orizzonte temporale al 2026. 

Guardando nel dettaglio, la composizione dei fondi si articola nel modo seguente: 

  • 191,5 della Recovery and Resilience Facility; 
  • 31 dal Fondo complementare; 
  • 26 stanziati per opere specifiche.

A questi si aggiungeranno i 13,5 previsti dl programma React-Eu. 

Lo sblocco dei pagamenti è subordinato però alla ratifica della decisione sulle risorse proprie (DRP) da parte di tutti gli Stati membri. Oltre a introdurre la nuova imposta sulla plastica e a stabilire una tabella di marcia per una serie di nuove fonti di entrate che saranno definite da qui al 2026, la decisione è infatti essenziale per permettere alla Commissione di raccogliere sui mercati i 750 miliardi di prestiti del pacchetto Next Generation EU. 

Con l’adozione della DRP, i 27 stati accettano di aumentare il massimale delle risorse proprie, cioè l’importo massimo dei fondi che l’Unione può richiedere agli Stati membri per finanziare le proprie spese, espresso in percentuale del reddito nazionale lordo dell’UE. La differenza tra questo massimale e la spesa effettiva definisce il margine di manovra di bilancio (headroom) che è necessario per sostenere passività addizionali e come garanzia per le attività di assunzione e di erogazione di prestiti dell’Unione.

Il processo di ratifica della decisione è stato completato da 19 Stati membri su 27, tra cui l’Italia che l’ha recepita attraverso il Milleproroghe, e dovrebbe ora accelerare anche in Germania dopo il no della Corte costituzionale tedesca al ricorso contro NGEU. 

Tutti i piani di ripresa inviati diligentemente a Bruxelles dagli Stati membri saranno a breve esaminati e valutati, il che porterà alla trasformazione degli stessi in atti legali, procedimento di vitale importanza ed estremamente delicato nel percorso degli Stati membri verso l’ottenimento degli aiuti tanto agognati, come sottolineato dalla stessa Ursula Von Der Leyen.

Il metodo con cui l’Unione Europea prenderà posizioni in merito ai vari PNRR presentati, si baserà sulla verifica della corrispondenza di questi ultimi ai criteri di pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza stabiliti dal Next Generation Eu. 

Sulla base del terzo criterio, la Commissione valuterà se un piano sarà in grado di dare un contributo efficace per il rafforzamento del potenziale di crescita di quel determinato paese, di creare nuovi posti di lavoro e dare la dovuta resilienza all’economia, alla società e alle istituzioni statali. 

Il quarto criterio prevedrà che il suddetto piano possa o meno provocare un impatto negativo sugli obiettivi ambientali. Le misure che prevedono la realizzazione delle riforme e dei programmi di investimento non potranno quindi influire in negativo sulle politiche di conservazione e sviluppo dell’ambiente che prevede e impone di non apportare un danno evidente alla natura, oggetto di una dettagliata analisi dei principi cardine dei piani redatti dagli Stati membri richiedenti.  

Il settimo parametro stabilisce che gli impatti messi in atto dalle misure debbano essere duraturi mentre il decimo garantisce protezione al bilancio UE dalle possibili ingerenze da parte di soggetti terzi o male intenzionati proteggendolo da frode e conflitti di interessi nell’utilizzo dei fondi, che, oltre all’efficacia della manovra, minerebbero anche l’immane sforzo comune dell’Unione verso una ripresa repentina dalla crisi.  

Infine, terminata la fase valutativa e la traduzione dei piani in atti a norma di legge, il Collegio dei commissari europei avallerà una mozione di decisione di esecuzione del Consiglio: in quel momento quest’ultimo avrà trenta giorni di tempo per giudicare il piano ed esprimersi in merito.

PNRR: consegnati i progetti a Bruxelles, ora si attende la verifica
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