Al Consiglio informale convocato il 29 settembre dalla presidenza spagnola a Murcia i ministri dell’Unione si sono confrontati sulla necessità di una Politica di Coesione 2.0, in grado di massimizzare l’efficacia del bilancio UE, e sulla gestione dei fondi della Coesione 2028-2034.

I fondi della Politica di Coesione non stanno generando però lo stesso impatto trasformativo su tutte le regioni europee. Come registrato dall’ottava relazione sulla Coesione presentata nel febbraio 2022 dalla Commissione, le regioni dell’Europa orientale hanno sperimentato, sulla spinta dei fondi UE, una riduzione sostanziale del divario in termini di PIL pro capite, ma ora hanno bisogno di importanti investimenti in istruzione, formazione, ricerca e innovazione per accrescere la competitività ed evitare la cosiddetta “trappola della sviluppo”. Le regioni meno sviluppate del Sud Europa – tra cui quelle del Sud Italia – sono invece già bloccate in quella trappola e sono spesso portate ad esempio per argomentare i fallimenti della Politica di Coesione e la necessità di procedere ad una sua profonda revisione.

Per diversi Stati, soprattutto del Nord Europa, destinare un terzo del budget UE a una politica dai risultati dubbi, nel momento in cui i paesi europei sono impegnati a gestire una pluralità di sfide, cercando di tenere salda la barra dei conti pubblici, non è più prioritario.

Il PNRR si inserisce in questo contesto fornendo un modello alternativo di gestione delle risorse europee. Più centralizzato e competitivo, basato su riforme e risultati conseguiti e non più sulla rendicontazione della spesa. Un metodo che piace anche ai paesi maggiori beneficiari dei fondi strutturali, come l’Italia, che una Politica di Coesione forte continuano a difenderla, ma che allo stesso tempo rischia di far arretrare a semplice sfondo la mission primaria della convergenza tra le regioni europee. Le analisi della Svimez e della Corte dei Conti sul perseguimento dell’obiettivo trasversale della riduzione dei divari territoriali nel PNRR italiano testimoniano che la capacità del Recovery di affrontare il tema è tutt’altro che scontata.

Altro tema centrale, strettamente collegato al primo, è quello della governance. Nella sua relazione la Commissione ha sottolineato l’importanza di continuare a investire sul piano della governance e della capacità istituzionale, per migliorare l’ambiente imprenditoriale e l’efficacia dei fondi europei. È stata sottolineata inoltre l’importanza di adattare le politiche alle realtà di ciascuna regione in quanto una pianificazione più vicina ai singoli territori richiederebbe un nuovo set di indicatori, più ampio di quello attuale, per tenere conto del fatto che oggi anche le regioni più sviluppate sono sottoposte a pressioni crescenti per via delle transizioni in atto.

Infine, c’è il tema della flessibilità, che riguarda questioni specifiche come la definizione dei tassi di cofinanziamento UE, ma più in generale la capacità della Politica di Coesione 2028-2034 di reagire rapidamente ad esigenze impreviste, come avvenuto negli ultimi anni in risposta al Covid, alla crisi ucraina e a quella energetica. Anche in questo caso una prospettiva non esente da rischi di uso improprio, come sottolineato dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sull’ottava relazione della Commissione UE. La Coesione non è uno strumento anticrisi con cui coprire le carenze dei bilanci nazionali, hanno sottolineato un anno fa gli eurodeputati.

UE, a Murcia confronto sulla Politica di Coesione 2028-2024
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