Il decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 7 maggio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 116 del 20 maggio, reintroduce dopo quasi 6 anni d’assenza lo strumento di accertamento fiscale sintetico nato nel 1973 e sospeso nel 2018.

Il Redditometro contiene una serie di elementi indicativi che rivelano la capacità contributiva sulla base della quale il Fisco può determinare il reddito complessivo delle persone fisiche, ipotizzando il reddito del contribuente sulla base delle spese presunte. Per fare ciò viene utilizzata una campionatura per 11 tipologie di nuclei familiari e per distribuzione su 5 aree del territorio nazionale, sia per le spese sostenute che per la quota di risparmio.

Si prevede, ad esempio, che un professionista che lavora in una grande città del Nord e che ha un nucleo familiare composto da 4 persone abbia delle soglie di reddito superiori a un collega che vive in un piccolo centro del Sud, ma anche spese superiori per una serie di beni e servizi, a partire dall’affitto dell’ufficio.

Secondo quanto disposto, il Redditometro terrà conto:

  • delle spese sostenute dalla persona fisica. Su tali spese l’accertamento sintetico verrà effettuato sulla base dei dati e delle informazioni disponibili in Anagrafe tributaria. Si considerano spese del contribuente anche quelle fatte dal coniuge, dai figli e da ogni familiare a carico al fine di evitare che questi facciano da prestanome per l’acquisto di beni non in linea con il reddito dichiarato. Vengono escluse dal computo le spese che i professionisti o chi esercita attività d’impresa sostiene nell’ambito del suo lavoro. A tal fine, però, è necessario conservare l’apposita documentazione;
  • delle spese totali sostenute dal contribuente, anche in caso riguardino beni e servizi diversi rispetto agli elementi indicati dal decreto rispetto ai dati contenuti nel sistema informativo dell’anagrafe tributaria;
  • dell’ammontare delle spese riferite ai beni contemplati dalla norma considerata la spesa minima presunta. Tale spesa viene ricavata periodicamente dalle indagini dell’Istat sulle spese delle famiglie e tramite studi socio-economici;
  • delle spese minime per beni e servizi essenziali per conseguire uno stile di vita accettabile restando fuori dalla cosiddetta “soglia di povertà assoluta”. Tale soglia viene tarata in base alla composizione del nucleo familiare di appartenenza. Viene tenuto presente sia quanto effettivamente speso che la quota di risparmio non utilizzata per consumi e investimenti.

Il Redditometro 2024 troverà applicazione a decorrere dagli avvisi di accertamento relativi al 2016. Tenendo conto delle decadenze maturate nel tempo, l’applicazione effettiva riguarderà i redditi a partire dall’anno 2018.

Secondo la sentenza n. 20649/2015 della Cassazione, quanto stabilito dal Redditometro ha già valore di prova e il Fisco è dispensato da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indicativi della capacità contributiva. Spetta invece al contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del Redditometro non esiste o esiste in misura inferiore.

In GU il decreto sul nuovo Redditometro
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