Ok al Ddl di riforma del mercato dei capitali che punta sulle semplificazioni e su nuove regole per dare una spinta alla crescita delle Pmi e per aumentare l’attrattività del sistema Italia nei confronti degli investitori esteri. Il testo prevede in particolare:

  • una semplificazione delle procedure di investimento per le Casse previdenziali;
  • un rafforzamento del voto plurimo per rendere più stabile la governance societaria;
  • nuove regole per i prospetti delle matricole di Borsa, per le assemblee e per il funzionamento della Consob.

Tra le misure di maggiore impatto c’è il raddoppio da 500 milioni a un miliardo della soglia di capitalizzazione di mercato che consente l’etichetta Pmi e quindi l’applicazione di regole semplificate per gli emittenti. C’è poi l’aumento da tre a 10 del numero di voti da assegnare a ciascuna azione a voto plurimo, per favorire l’accesso alla quotazione di quelle imprese che non lo farebbero se questo implicasse la perdita del controllo. Per bilanciare questa misura sono previste norme a tutela delle minoranze.

Tra le numerose modifiche alla regolamentazione di mercato c’è l’eliminazione della possibilità per la Consob di regolare alcuni requisiti delle società in quotazione e la possibilità di sospendere per un tempo limitato le decisioni di ammissione.

Diventa invece permanente la possibilità dello svolgimento dell’assemblea delle società quotate tramite il rappresentante designato. Una regola che limita la partecipazione degli azionisti di minoranza alle assemblee, punto che potrebbe sollevare contestazioni. Per gli investitori istituzionali esiste invece nel progetto di riforma la possibilità di ricevere deleghe per più assemblee senza doverle ricevere volta per volta.

I soggetti che la Banca d’Italia giudica pronti per il listino di Piazza Affari sono più di 2000, cioè cinque volte il numero di tutte le 414 società italiane attualmente quotate. Di queste, peraltro, ben 334 sono “piccole e medie imprese”, facendo di Milano una sorta di Borsa-laboratorio all’interno del circuito Euronext (con Parigi capofila, Amsterdam, Bruxelles, Madrid, Lisbona e Dublino). Metà circa delle Pmi quotate (167) è approdata al listino dopo il 2018 sulla scia dei “Piani individuali di risparmio” (Pir).

Il Ddl Capitali, tuttavia, non va solo a rispondere all’esigenza strutturale di sostenere Milano come hub finanziario di primo livello, ma va soprattutto a proporre un intervento strategico di fronte alla crisi bancaria, determinata da pandemia e guerra.

Difronte all’azione anti-inflazione delle banche centrali a colpi di rialzo dei tassi, che colpisce tutti i debitori (Stati, banche, imprese), un razionamento del credito diventa essenziale in un momento in cui le imprese italiane sono alle prese con una lunghissima resilienza, proprio quando i nuovi scenari competitivi impongono investimenti di sviluppo. Sui conti bancari e postali continuano a giacere, nel frattempo, oltre 1.500 miliardi, utili da un lato a presidiare la stabilità delle aziende bancarie, ma certamente esposti a rischio d’inflazione.

L’obiettivo del decreto è dunque allargare la vetrina di Piazza Affari affinché il risparmio nazionale possa affluire sul mercato alle imprese del made in Italy, o direttamente o attraverso strutture e strumenti dell’asset management. Dal momento in cui l’indirizzo politico finanziario è guidato dal PNRR (cioè debito pubblico indirizzato a investimenti pubblici) il Ddl Capitali ha il significato di dare attenzione al risparmio privato e agli investimenti produttivi delle imprese private.

Ddl Capitali: 1 miliardo per il regime semplificato
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