
Il mondo della cooperazione allo sviluppo sta vivendo una trasformazione significativa. Dopo anni di esperienze non sempre pienamente soddisfacenti, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) hanno deciso di rilanciare il coinvolgimento delle imprese con una formula nuova: il Bando Profit 4.0 – Misura Imprese Impatto. Un titolo che suona tecnico, ma che in realtà racchiude un’idea semplice e ambiziosa: portare l’innovazione delle imprese nel cuore della cooperazione internazionale, con l’obiettivo di generare benefici concreti e duraturi nei Paesi partner.
Le edizioni precedenti dei bandi Profit avevano mostrato luci e ombre. Se da un lato si era aperto uno spazio importante per il settore privato all’interno delle politiche di cooperazione, dall’altro non sempre si era riusciti a tradurre questo spazio in risultati tangibili. Poca partecipazione, progetti difficili da replicare, soluzioni innovative ma non abbastanza consolidate per reggere alle sfide dei contesti locali. Era evidente la necessità di cambiare approccio.
La risposta arriva ora con un modello diverso, mutuato dalle pratiche europee: quello dell’appalto pre-commerciale. In sostanza, non si tratta di finanziare semplici idee progettuali, ma di accompagnare passo dopo passo lo sviluppo di soluzioni innovative, dalla fase di progettazione fino ai prototipi e, per i più solidi, alla validazione finale. Un percorso a tappe, con verifiche intermedie e selezioni progressive, che punta a garantire non solo creatività, ma anche solidità, replicabilità e impatto reale.
Dietro questa scelta c’è una visione chiara: il profitto, da solo, non basta. Ma l’impresa, con le sue competenze tecnologiche, organizzative e di mercato, può diventare un attore decisivo se messa nelle condizioni di lavorare a fianco della cooperazione tradizionale. L’idea è quella di un ecosistema in cui imprese, università, centri di ricerca, organizzazioni della società civile e partner locali nei Paesi destinatari collaborino su progetti comuni. Un mosaico complesso, certo, ma potenzialmente molto più efficace delle iniziative isolate del passato.
Il bando metterà a disposizione quasi 50 milioni di euro, destinati a sostenere soluzioni che abbiano un impatto sociale e ambientale positivo: tecnologie verdi, servizi inclusivi, modelli di lavoro dignitoso, innovazioni utili a rispondere a bisogni che i mercati tradizionali non stanno soddisfacendo. Le priorità geografiche guardano soprattutto all’Africa e ai Paesi inseriti nel Piano Mattei, confermando la volontà politica di concentrare gli sforzi lì dove le sfide dello sviluppo si intrecciano con gli interessi strategici dell’Italia.
La fase di consultazione è già aperta. Le imprese sono invitate a partecipare a incontri pubblici – il primo si terrà a metà settembre – per contribuire a definire meglio criteri, requisiti e aspettative. È un passaggio fondamentale, perché il successo del bando dipenderà anche dalla capacità di ascoltare chi dovrà concretamente raccogliere la sfida.
Non mancano le criticità. Il rischio che la logica del mercato prevalga su quella dello sviluppo esiste e sarà necessario vigilare perché l’equilibrio non si spezzi. Inoltre, costruire partenariati tra attori tanto diversi – aziende, ONG, accademia, governi locali – non è mai semplice e richiede tempo, fiducia reciproca, capacità di coordinamento. Infine, la vera sfida sarà la scalabilità: trasformare un buon prototipo in una soluzione replicabile e sostenibile non è scontato, soprattutto in contesti fragili.
Eppure, se ben gestito, il Profit 4.0 può rappresentare un cambio di paradigma. Non più il settore privato visto solo come fornitore o sponsor, ma come partner attivo, capace di innovare e portare valore laddove le sfide sono più grandi. In questo senso, il bando non è solo un esperimento amministrativo, ma il segnale di una nuova stagione per la cooperazione italiana: una stagione in cui sviluppo e impresa, pubblico e privato, possono davvero camminare insieme.
