L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), con sede a Parigi, lancia un avvertimento all’Italia: le politiche del lavoro devono cambiare per sostenere la permanenza più lunga dei lavoratori nel mercato. Il messaggio arriva dall’Employment Outlook 2025, presentato oggi.

Secondo il rapporto, tra il 2023 e il 2060 la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà del 34%. Di conseguenza, il numero di anziani a carico per ogni persona in età lavorativa salirà da 0,41 (circa un anziano ogni 2,4 lavoratori) a 0,76 (quasi uno ogni 1,3).

Nel medesimo periodo, il rapporto tra occupati e popolazione totale si ridurrà di 5,1 punti percentuali. Con una crescita della produttività ferma ai livelli del 2006-2019 (0,31% annuo), il PIL pro capite è destinato a calare dello 0,67% all’anno.

Per contrastare questi trend, l’Ocse invita l’Italia ad aumentare l’occupazione degli over 60 e a colmare il divario di genere nel lavoro. Queste misure potrebbero stabilizzare il rapporto occupazione/popolazione. Tuttavia, anche con questi interventi, la crescita del PIL pro capite rimarrebbe debole, se non si accompagna a un deciso aumento della produttività.

Secondo l’Ocse, sfruttare le risorse umane oggi sottoutilizzate – ad esempio chiudendo almeno per due terzi il gap occupazionale di genere, attivando lavoratori anziani in buona salute e promuovendo flussi di immigrazione regolare – permetterebbe di azzerare il declino del PIL pro capite.

Per tornare a una vera crescita, serve migliorare la produttività: se l’Italia riuscisse a farla crescere anche solo della metà rispetto al ritmo medio degli anni ’90 nell’Ocse (1% annuo), il PIL pro capite potrebbe salire dell’1,34% l’anno. Un traguardo ambizioso, viste le performance italiane degli ultimi decenni.

L’organizzazione sottolinea la necessità di ripensare le politiche del lavoro per incentivare l’occupazione oltre i 60 anni. Fondamentali in quest’ottica sono: la formazione continua, ambienti di lavoro sicuri, meccanismi di pensionamento flessibili e pratiche aziendali inclusive.

Negli ultimi vent’anni, i tassi di occupazione dei lavoratori anziani sono cresciuti significativamente in Italia: +31,8 punti percentuali tra i 55-59enni (contro +13,7 nella media Ocse) e +25,7 punti tra i 60-64enni (contro +20,1), grazie all’innalzamento dell’età pensionabile.

Tuttavia, rimangono criticità: l’età media di uscita dal lavoro è ancora inferiore a quella pensionabile, con un gap di 2 anni per le donne e 1 anno per gli uomini. Inoltre, solo il 9,9% dei lavoratori tra i 50 e i 69 anni continua a lavorare dopo aver ricevuto la pensione, contro una media del 22,4% in 24 Paesi europei dell’Ocse.

Altri ostacoli sono la natura fisicamente impegnativa di molte professioni in Italia (42%) e la bassa presenza di lavori altamente qualificati (40%), dove l’esperienza può essere più valorizzata.

Infine, un dato preoccupante sul fronte retributivo: l’Italia è il Paese dell’Ocse con il calo più marcato dei salari reali. Nonostante un parziale recupero, a inizio 2025 i salari reali restavano inferiori del 7,5% rispetto all’inizio del 2021.

A livello generale, i salari reali stanno crescendo in quasi tutti i Paesi Ocse, ma in metà di essi non hanno ancora recuperato i livelli pre-inflazione post-pandemia.

 

Lavoro, l’allarme Ocse: in Italia crolla la popolazione attiva
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